Sono stata no-vax

Questo è un post un po’ lunghetto, ma ha un suo perché, se hai fretta lascia stare, me ne farò una ragione se non leggerai, ma se lo leggi è meglio 🙂

Cominciamo la storia. La mia storia.

Beh, sì, lo confesso, io so cosa vuol dire essere no-vax! Ve lo dico in confidenza, lo sono stata anch’io; per poco tempo ma lo sono stata.

Ma andiamo con ordine…

Da piccola ricevetti tutte le vaccinazioni di rito, l’antipolio, l’antitetanica, l’antidifterica e poi anche quella tremenda: il vaccino contro il vaiolo. Quello fu peso perché mi fece venire un bel febbrone e mi devastò le braccia con le piaghe. Una bambina mia coetanea ci mancò niente che ci lasciasse le penne con quel vaccino lì… era micidiale. Ma andiamo avanti. Crescendo, poi, sono presa la pertosse, la parotite, la varicella, la rosolia e il pauroso morbillo, infatti a quei tempi ancora non c’erano i vaccini per queste bruttissime malattie e ammalarsi e patire come un cane era inevitabile.

In seguito, anni e anni dopo, successe che la Toscana fu devastata da un’epidemia di meningite e a quel punto successero tante cose brutte, fatto sta che noi toscani, ci si mise tutti in fila, zitti zitti, impauriti come non mai e ci si fece vaccinare di nuovo come se niente fosse, tirando un sospiro di sollievo.

Intanto erano cominciate le campagne massicce di vaccinazioni contro l’influenza e noi insegnanti eravamo spinti (se non costretti) a farci anche quella punturina; e così è stato da una quindicina d’anni a questa parte, senza mai mancare ad un appuntamento. Dimenticavo: una volta che sono andata a vaccinarmi contro l’influenza l’infermiera mi disse che era bene che mi vaccinassi anche contro la polmonite e io non feci storie, porsi l’altro braccio e via.

E allora vi starete chiedendo quando mai io sarò stata no-vax.

E allora ve lo spiego, anche se questo post sta diventando un po’ troppo lunghetto, ma pazienza, ogni cosa a suo tempo.

Dovete sapere che io ho il sangue gruppo A Rh- mentre mio marito ha gruppo B Rh + e questo ha creato non pochi problemi nel momento che abbiamo avuto figli. Alla fine della prima gravidanza, visto che il mio primo figlio era del gruppo B Rh +, vennero subito di corsa a vaccinarmi con un vaccino micidiale composto di immunoglobuline UMANE che avrebbe impedito la formazione di anticorpi (materni) contro i globuli rossi del feto, in una futura (eventuale) gravidanza. Un vaccino anti-Rh. Dopo poco più di un anno mi ritrovai di nuovo nella stessa identica situazione alle prese con la seconda gravidanza e la nascita del secondo figlio ed ecco il secondo vaccino anti Rh. Poi passò qualche anno e le cose si seppero più di preciso circa questi vaccini e successe anche uno scandalo quando lo stato italiano ricorse ad importazione di sangue umano dalla Francia per la preparazione di queste immunoglobuline perché trapelò la notizia che il sangue francese era stato prelevato a dei galeotti in galera, che lo svendevano a prezzo modico. In questa situazione assurda io che feci? Feci la terza figlia…anche lei Rh+. Ed eccoci arrivati al punto clou del racconto, cioè a quando l’infermiera si avvicinò con il siringone minaccioso al mio braccio, pronta ad inocularmi di nuovo il vaccino. Io sobbalzai e le dissi di non provarci nemmeno..e mi ritrassi. Lei, dal canto suo mi disse che il vaccino era obbligatorio e che avrei dovuto prenderlo. Io le risposi che 3 figli era un numero più che sufficiente e non me ne fregava niente se mi si formavano anticorpi anti Rh perché figli non ne avrei fatti altri… e di certo non volevo rischiare di prendere l’AIDS per quel siero che chissà dal sangue di quale persona malaticcia poteva essere stato prodotto.

La questione andò per le lunghe perché lei chiamò il direttore del centro trasfusionale e ne fecero un affare di stato sul discorso che era obbligatorio per una come me vaccinarsi. Alla fine il boss del centro trasfusionale capitolò e mi disse: “Ok, .. mi ha convinto, evitiamo il vaccino, mi prendo io la responsabilità di trasgredire all’obbligo”..ma io, dopo ore che ci pensavo, a quel punto ebbi un flash davanti agli occhi e mi immaginai se per caso avessi fatto un altro figlio e avrei dovuto abortire per forza… no, non ce l’avrei fatta! E così, lentamente, anche se malvolentieri, alzai la manica della camicia e porsi di nuovo il braccio per farmi fare la puntura.

Beh, dico la verità, mi presero tutti per matta, avevo fatto un casino bestiale per non prendere il vaccino e poi avevo cambiato idea… ma che ci vuoi fare, se davanti ad un dubbio c’è da scegliere che strada prendere è bene non essere egoisti e avere una visione più lungimirante che tuteli il bene comune. Questo era per me e così è, sono coerente e me ne vanto. Tutto cambia, ma poi niente cambia.

Buon inizio settimana a tutti.

La storia di Malena

Qual è la più grande storia romantica del mondo? Se siete ancora tra quelli che a questa domanda rispondono con «Giulietta e Romeo», siete su una strada sbagliata. Questa che sto per raccontarvi può essere considerata la più straordinaria storia romantica dei giorni nostri. Un amore senza confini. I protagonisti sono due cicogne: lui, il maschio, l’hanno chiamato Klepetan e lei, la sua compagna,  è Malena («piccola»), una cicogna femmina che, a causa di una vecchia ferita all’ala, ha smesso da anni di affrontare lunghe traversate e sta ferma nel nido, in eterna attesa che lui torni.

È una storia d’amore e fedeltà in tempi caratterizzati, tra gli esseri umani, da amori spesso rapidi e volubili.

In principio fu una fucilata. Il ferimento di Malena avviene nella primavera del 1993: nelle campagne che circondano Slavonski Brod, una città di 60 mila abitanti in Croazia. Un cacciatore mira ad una femmina di cicogna e la ferisce ad un’ala. Da allora Malena viene presa in cura da un bidello in pensione trasformatosi in biologo-badante, Stjepan Vokic, che riuscirà a salvarle la vita ma non a restituirle la possibilità di tornare a compiere grandi voli. La ferita all’ala, infatti, le impedirà di tornare a volare per le lunghe peregrinazioni tipiche della loro specie. Qualche piccola escursione, sì, ma poi il rientro nel proprio nido, destinato a diventare la sua casa definitiva.

Poi, diciannove anni fa Malena incontra Klepetan ed è subito amore. Lui arriva in Croazia reduce da un lunghissimo volo che l’ha portato dal Sudafrica (habitat preferito per lo svernamento) prima a sorvolare la valle del Nilo, poi lo Stretto del Bosforo e infine la Croazia, la regione preferita degli accoppiamenti suoi e di tanti altri maschi di cicogne. Tredicimila chilometri di distanza ricoperti da un uccello migratore possono sembrare una distanza infinita, ma per gli zoologi non è così: il percorso compiuto in un anno dalla Cicogna bianca (Ciconia ciconia) può arrivare a 20 mila km.

Klepetan e Malena si accoppiano e lei depone quattro uova. I genitori covano entrambi la nidiata per circa 33 giorni. Poi, in questa moderna famiglia con i doveri condivisi, tocca al padre insegnare ai piccoli a volare. La cura del dinamico Klepetan e della stanziale Malena sarà estesa fino ai giorni in cui i piccoli possono nutrirsi da soli, scovando minuscole prede nelle zone acquitrinose vicine al nido (prediletti sono lombrichi e lucertole).

Poi i giovanotti prendono la loro strada, chi scegliendo di seguire le orme del padre, chi di diventare libero in Europa. Klepetan saluta alla sua maniera (battendo il becco, come fa questa specie) la compagna Malena prima di ripartire dalla regione degli amori verso il suo habitat di svernamento, il Sudafrica.

L’amata Malena resterà ad attendere, speranzosa, l’arrivo della primavera e del suo fugace compagno di una stagione.

Lei non lo sa, ma gli etologi indicano che la fedeltà tra le cicogne può essere monogama per una sola stagione; dopo la migrazione, si cambia pagina e partner. Invece stavolta è amore vero. Il miracolo dell’arrivo di Klepetan presso la paziente Malena si ripropone, puntuale a ogni inizio di ogni primavera, per tutti gli anni successivi.

Poi, siamo nel mese di marzo 2010. Una piccola folla si raduna da qualche giorno sotto la casa di Malena. Il badante Vokic ha deciso di rendere nota la vicenda delle due cicogne, fino ad allora di sua esclusiva conoscenza, e sono in molti a voler assistere all’ottavo ritorno di Klepetan dalla sua amata. Il gruppetto scruta il cielo già da una settimana, ma a vuoto. «Vedrai che quest’anno non arriva», si comincia a vociferare. «In genere, Klepetan è puntuale, ma nell’ultima settimana ci sono stati furiosi temporali e le cicogne sono uccelli meteoropatici», fa notare un ornitologo. «Non a caso tarda ad arrivare Klepetan, ma anche le altre cicogne».

Malena se ne sta lì: batte il becco in un richiamo lungo. In un’attesa piena di sofferenza. Anche l’equinozio di primavera, il 21 marzo, è passato a vuoto nonostante l’atmosfera sia già colma dei profumi degli alberi fioriti. Il 24 marzo, quando lo scetticismo va ormai impadronendosi dei presenti, ecco l’urlo di Stjepan: «Eccolo! Sì: è Klepetan!». Il profilo del maschio di cicogna, innamorato, stremato dai 13 mila chilometri ma felice per il ritorno a casa, si fa sempre più distinto. Anche lei, Malena, che manifestava segni d’impazienza, si solleva dal nido di sterpi e scruta l’orizzonte. Vorrebbe alzarsi in volo, ma l’istinto le consiglia d’aspettare lì, nel caldo del suo nido, destinata a diventare di nuovo alcova d’amore. E così la favola si rinnova.

Dal lontano 2002 la coppia ha dato vita a ben 66 piccole cicogne. Il loro primo romanticismo occasionale è durato moltissimo nel tempo ed è diventato vero amore e non solo un’avventura estiva

Ed eccoci arrivati ad inizio luglio 2021. ′′ Ho notato che non stava bene il 9 giugno. Era proprio quando è iniziata la canicola. Voleva prendersi cura di Klepetan, ma non poteva. È caduta e l’ho portata dentro. Non voleva mangiare o bere acqua. È stato come se volesse porre fine ai suoi giorni perché cadere è un’umiliazione per le cicogne” ha detto Stjepan Vokic , poi ha aggiunto: ” e per 11 giorni non si è voluta più nutrire e così è morta serenamente, chiudendo gli occhi mentre era rannicchiata in grembo a me”. termina così una storia d’amore durata una ventina di anni.

Il romanticismo di Klepetan e Malena è stato seguito in tutto il mondo e molti croati hanno pianto quando è scoppiata la notizia.

Naturalmente nessuno ha sofferto più di Klepetan.

“Viene ogni sera. Gli dico: ′′ Se n’è andata, Klepo “. L’ho sepolta nel suo posto preferito”. ha detto Vokic . Poi ha aggiunto che avrebbe aspettato Klepetan e l’avrebbe accolto a casa se avesse deciso di tornare il prossimo anno.

Ora i 66 figli di Malena e Klepetan aumentano il numero di cicogne in Croazia e sarà bello perché l’amore ha trionfato.

Bello vero? Quest’anno le storie delle cicogne mi hanno conquistata completamente.

Malena e Klepetan

[risorse reperite in rete qui, qui e qui]

Festa mangereccia

Quando ero bambina, in certi periodi dell’anno aspettavo con ansia le giostre. In paese li chiamavamo “baracconi”, in realtà erano gli autoscontri, i calcinsella e poco di più, ed erano un appuntamento fisso ormai consolidato dalle tradizioni. Noi ragazzetti sapevamo bene che ci saremmo divertiti e contavamo i giorni che avremmo dovuto aspettare per giungere alla festa ed era un conto alla rovescia che ci faceva battere il cuore per l’entusiasmo e per l’emozione che provavamo.

E’ passato tanto tempo da allora e non avrei creduto di provare la stessa sensazione in questi giorni, sapendo che qualcuno al mio paese si accingeva a preparare una bella festa mangereccia. Ritrovarci in piazza, tutti insieme, segna un po’ una liberazione da ciò che abbiamo vissuto da più di un anno a questa parte. E quindi stasera è stata baldoria. Io non ho fotografato la situazione a cena, ma ho scattato qualche foto durante i preparativi e ve le ho portate:

Come vedete si tratta di Street food, che poi per noi che si vive in un borgo medievale, è una cosa desueta e alquanto curiosa.

La festa è riuscita alla grande, anche nel rispetto delle norme anti covid.

Cosa ho mangiato io? Beh, ecco qua, un magnifico panino al lampredotto! 😉 Sapete cos’è il lampredotto e da cosa deriva il suo nome, vero?

Ciao scuola…

Inutile negarlo, mi manca un po’ la scuola. Non tantissimo, ma abbastanza. Non si può dimenticare quello che è stato il proprio lavoro per quasi 40 anni. Ci ho creduto molto nella professione di insegnante e l’ho portata avanti con passione.

Penso che, nonostante le giornate uggiose in cui vai al lavoro col mal di testa, le faticacce delle riunioni, le arrabbiature con i ragazzi, i mille problemi con le teste dei genitori e le migliaia di pacchi di compiti di matematica da correggere… nonostante tutto ciò, se potessi ricominciare da capo ripartirei, con tutto quell’entusiasmo che ho sempre avuto.

Non mi ci voleva di andare in pensione con il lockdown, mollare le classi e subito dopo privarmi della libertà di muovermi e non mi ci volevano tutti gli altri problemi che quest’inverno mi hanno massacrato la vita, ma è andata com’è andata ed è inutile fermarsi a riflettere su ciò che potrebbe essere e non è. E allora, oggi è terminato un altro anno scolastico e io voglio augurare una buona estate agli studenti e ai docenti e spero che questo che è appena trascorso, sia l’ultimo delle lezioni in dad e della paura del contagio. Auguro vivamente a tutti che da settembre prossimo si possa ripartire serenamente e che la scuola possa assolvere di nuovo e a pieno al proprio ruolo importantissimo della formazione dei futuri cittadini.

Lascio qui sotto, un pensiero di Rodari, una riflessione sempre attuale sul ruolo dell’insegnante in special modo della scuola primaria, che poi, a parer mio, forse è la più importante di tutte.

Bello, vero? A parer mio è magnifico.

Aggiornamenti…

Oggi vi voglio raccontare due cosette tanto per tenervi aggiornati sulle storie che su su vi ho raccontato 🙂

n.1) Ricordate la vecchietta Ida di cui vi parlavo qui ? Ebbene è viva e vegeta e sta bene. Ieri sera me la sono trovata davanti, sul mio marciapiede e ci siamo salutate; mi ha detto che era cascata ed è dovuta stare molto a riposo, ma che ora si è rimessa in forma. Quindi storia a lieto fine!

n.2) Ricordate la storia dei francesi di cui vi ho parlato a lungo, sia qui che qui? Ebbene, due giorni fa mi hanno scritto (meglio tardi che mai!) e si sono scusati del ritardo con cui hanno risposto ai miei auguri di Pasqua. Dice che hanno avuto qualche problema ma che stanno bene… e così tutto finisce a cantuccini col vinsanto e amen 🙂 (..e grazie di nuovo a Barbara che con il suo francese perfetto mi ha dato una mano a smuovere la situazione!)

n.3) Ricordate le cicogne di cui vi avevo parlato qui ? Ebbene, sono nati ben 5 pulcini e stanno benone!

Se volete dare un’occhiata eccovi di nuovo il link della webcam 🙂

https://www.sarralbe.fr/Webcam.html

Se invece siete curiosi e volete guardare anche la webcam puntata sul nido del falco pellegrino sul Pirellone di Milano seguite questo link, ci sono 3 pulcini che stanno crescendo in fretta.

https://mediaportal.regione.lombardia.it/portal/watch/live/17

(e grazie a Paolo che me lo ha indicato 🙂 )

E tutto è bene quel che finisce bene

Non tutto il male viene per nuocere

Quando avevo diciott’anni facevo il giudice di gara alle competizioni di atletica leggera. Era un mio professore di educazione fisica che mi ci portava e che mi insegnava. Io ed un paio di  compagni di classe montavamo in auto con lui e si andava a Pisa, allo stadio del Cus-Pisa.  Fatto sta che tutte le volte che facevamo quel viaggio di una quarantina di chilometri, il vecchio prof accelerava la sua vecchia auto scarcassata finché i pistoni non gli uscivano dal cofano.  Noi ragazzi ci guardavamo sott’occhi e ci scappava da ridere pensando che prima o poi saremmo rimasti a piedi. Ma il grande vecchio, imperterrito faceva sempre quella manovra dicendo in dialetto toscano stretto: “ Boni bimbi… ora si spiomba le ‘andele!” Intendendo dire che l’accelerata in terza avrebbe ripulito le candele dalle ossidazioni.

Mi sono sempre ricordata quella cosa e ogni tanto ci ho ripensato per analogia, quando facevo lezione agli adolescenti, nel senso che le grandi arrabbiature pensavo mi avrebbero stasato le vene.  E di arrabbiature me ne sono fatte tantissime…quasi tutti i giorni. Come si fa ad insegnare matematica ad una trentina di tredicenni senza urlare un po’?

Ora però sono in pensione e sono pure chiusa in casa un più di un anno e in pratica non mi arrabbio mai. Non ci avevo pensato fino ad oggi, ma è proprio così, non mi arrabbio mai. Perché mai mi dovrei arrabbiare fino ad urlare se vivo in pace, in un eremo dimenticato da Dio? Ebbene oggi però non è andata come al solito.

Dovete sapere che la mia vicina sta facendo dei lavori sulla facciata di casa sua e gli operai hanno montato l’impalcatura fino al confine di casa mia. Le due case sotto attaccate. Ebbene, casa mia ha una bella facciata, in stile liberty toscano e siccome è anche la mia casa natia, le voglio un bene dell’anima e guai a chi me la tocca. Detto questo, che cosa ho notato oggi a mezzogiorno mentre spazzavo il marciapiede? Ho visto..nientepopodimeno.. che scalpellando sul confine mi hanno rovinato le bozze del mio intonaco. Giuro che non ci ho visto più e ho detto agli operai che avrebbero dovuto usare il flessibile tagliando l’intonaco e poi togliere solo quello dalla loro parte, stando attenti a non far danni.

Oddio, non è che proprio gliel’ho detto.. diciamo che gliel’ho urlato, che nemmeno mi avessero investito con un auto in mezzo alla strada. L’operaio, da dietro al telo dell’impalcatura mi ha risposto timidamente, con un misto di albanese/italiano, che non mi dovevo preoccupare perché tanto alla fine avrebbe risistemato tutto lui. Io continuavo a vedere rosso e ho esclamato che mi sembrava impossibile che dovessi essere io ad insegnare a loro come si lavora!. Non so bene poi cos’altro gli ho sbraitato, avevo proprio perso il controllo, spero di non aver detto parolacce, ma non ci giurerei. Comunque sia, una volta rincasata,  dopo qualche minuto ho sentito il rumore del flessibile… Ecco, aveva inteso!

Detto questo, ora credo di avere le vene tutte ben stasate e il mio sistema cardiocircolatorio (al contrario della facciata di casa mia) ringrazia 🙂

Sapete che vi dico? A questo punto penso che potrò anche farmi l’Astrazeneca senza troppi problemi …Della serie, non tutto il male viene per nuocere. 😉

L’uomo d’arme

Trovo che questo vecchissimo ferro da muro, che serviva per legare i cavalli, sia bellissimo. Se dovessi dargli un nome lo chiamerei “l’uomo d’arme” perché mi ricorda gli antichi condottieri. Dove l’ho fotografato? Ebbene, in questi giorni di zone arancioni e con le temperature più lievi, qui in Toscana si cammina molto nei dintorni dei nostri paesi. Ieri, per esempio, mi sono spinta fino in cima ad una collina non molto distante da qui, in un borgo ormai disabitato, dove si trova anche un antico castello e una deliziosa chiesetta.

Se ben guardate, alla sinistra di quel grande portone marrone, su quelle pietre dimenticate, si può notare una piccola macchia scura, che poi, visto da vicino è proprio “l’uomo d’arme”. E’ rimasto lì di guardia da secoli e secoli ma ha ancora il suo fascino, forte e misterioso.

Qui sotto un breve video con qualche notizia in più.

Buon pomeriggio a tutti 🙂