Ebbene, nel titolo ho scritto “la spiegazione” ma la vera e propria spiegazione di ciò che si parlava ieri, io non ce l’ho. Vi scrivo solo qualche riga di ciò che ho saputo e se poi vi interessa, vi metto il link per tutto l’articolo illustrativo. Ecco 🙂
Ora si sa, è Franco Adami, nativo di Calci, un paese pisano, l’artista che ha plasmato le grandi opere monumentali che da ieri sono esposte a Pisa. Conosciuto in mezzo mondo (meno che a Pisa, a quanto sembra) esporrà da domani fino a settembre le sue 14 sculture, in una mostra “diffusa” che prevede l’installazione in luoghi significativi in centro città ed anche sul litorale pisano.
L’inaugurazione ufficiale della mostra “Franco Adami. L’uomo e i grandi miti” è prevista per le 19,30 di domani, sabato 3 Luglio, al Museo delle Navi Antiche di Pisa presso gli Arsenali Medicei.
Si tratta di una mostra “diffusa” il cui allestimento è costato al Comune più di 20mila euro, spesa che forse rende ancor più difficile comprendere l’arte dello scultore. Ma intanto se ne parla ed è già un qualcosa di positivo
Oggi le sculture di Adami si trovano in tanti musei d’arte contemporanea del mondo, nella maggior parte delle fondazioni e nelle principali collezioni private. Con la Mostra di Pisa dopo un lungo viaggio, l’artista torna finalmente a casa e le sue monumentali sculture, disseminate tra il centro storico e la marina, ci raccontano de “L’Uomo e i Grandi Miti”.
Belle o brutte che siano, c’è da dire che l’arte ha sempre fatto discutere e l’arte contemporanea ancor di più, soprattutto in una città come Pisa, da sempre ancorata all’arte medievale, che fatica a digerire tutto quello che è arrivato dopo: basti pensare al murale Tuttomondo di Keith Haring, opera che tutto il mondo ammira ma che è stata criticata anche dall’ex assessore alla cultura. ( il mio post qui )
Oh ragazzi, io ritengo di essere una persona di larghe vedute e arrivo a capire anche cose assurde come questa, basta me le spieghino per benino. Sapete cos’è quella scatoletta vero?
Nel dicembre del 1961, l’autore sigillò 90 barattoli di latta, uguali a quelli utilizzati normalmente per la carne in scatola, ai quali applicò un’etichetta identificativa, tradotta in quattro lingue (italiano, francese, inglese e tedesco), con la scritta: «Merda d’artista. Contenuto netto gr. 30. Conservata al naturale. Prodotta ed inscatolata nel maggio 1961». Sulla parte superiore del barattolo è apposto un numero progressivo da 01 a 90 insieme alla firma dell’artista: Piero Manzoni!
L’artista stabilì il prezzo in 300 grammi di oro zecchino, attraverso uno scambio diretto che non prevedeva la mediazione del denaro.. Attualmente i barattoli sono conservati in diverse collezioni d’arte pubbliche in tutto il mondo (ad esempio l’esemplare n. 04 è esposto alla Tate Modern di Londra, il barattolo n. 80 si trova al Museo del Novecento di Milano, il Centro Georges Pompidou di Parigi possiede la scatoletta n. 31 e al Museum of Modern Art di New York troviamo la n. 14).
A Milano, il 7 dicembre 2016, un collezionista privato si è aggiudicato l’esemplare n. 69 a 275 000 euro, compresi i diritti d’asta, nuovo record mondiale d’asta.
Ecco, tutta questa forma d’arte mi è stata spiegata e io sono arrivata a capirla. Un po’ a fatica, lo ammetto, ma l’ho capita.
Detto questo, qualche anima buona mi dovrebbe spiegare anche quest’altra opera d’arte:
Ebbene sì, è un’opera d’arte moderna contemporanea che in questi giorni è comparsa nella mia città: Pisa. Dice che forse sono dei totem, ma non c’è sicurezza. Ancora devo capirlo per bene e il bello è che sembra nessuno sappia cosa rappresentano e a che servono.
Fatto sta che questa foto è comparsa nelle pagine internet locali e sotto sono stati scritti non so quanti commenti. Se leggeste i commenti nei social schiantereste dal ridere.. Ve ne mostro alcuni:
Qualcuno ha pensato alla politica
Altri alle favole come quella di Pinocchio:
Qualche livornese malizioso ha dato la sua interpretazione pseudofallica 🙂
Ma perché non dei Dalek del Doctor Who?
Ora si aspetta che qualcuno spieghi per bene e così capiremo, ma nel frattempo, senza cadere nella volgarità, io direi che forse sì, dai, a Pisa sono arrivati gli ultracorpi da chissà quale pianeta 🙂
Oggi vi voglio parlare della mia città: Pisa, e delle sue opere d’arte.
Tra i tesori più nascosti di Pisa c’è sicuramente il gigantesco murales di Keith Haring. Il coloratissimo “Tuttomondo“si trova nel centro storico, a due passi dalla stazione, ed è una delle poche opere del writer statunitense che si possono ammirare in Italia: dipinta nel 1989 sulla parete esterna della canonica della Chiesa di Sant’Antonio Abate, con l’aiuto di alcuni studenti, è una vera esplosione di vitalità e di colore.
Il tema è quello dell’armonia e della pace nel mondo, visibile attraverso i collegamenti e gli incastri tra le30 figure che, come in un puzzle, popolano i centottanta metri quadrati della parete.
Ogni personaggio rappresenta un diverso aspetto del mondo in pace: le forbici “umanizzate” sono l’immagine della collaborazione concreta tra gli uomini per sconfiggere il serpente, cioè il male, che stava già mangiando la testa della figura accanto, mentre la donna con in braccio il bambino rimanda all’idea della maternità e i due uomini che sorreggono il delfino al rapporto con la natura.
Tuttomondo è anchel’unica opera di Haring che viene concepita sin dall’inizio come permanente, non effimera e destinata a scomparire, infatti l’artista impiegò una settimana per eseguirla, quando di solito realizzava i suoi murales in un solo giorno.
No, non è la Provenza e non siamo in Francia, ma in Italia e più precisamente nelle terre di Pisa. Trovo geniale l’idea di dedicarsi alla coltivazione dei campi di lavanda tra le colline di Santa Luce, che è un paesino un po’ sperduto tra Pisa e Livorno, non lontano dal mare.
Ne avevo sentito parlare in modo entusiastico da chi c’era stato e ho deciso di farci un giro. Ebbene non immaginate che bellezza e che profumo mi sono trovata intorno… e quanti turisti e visitatori! Una scelta sicuramente vincente dal punto di vista della promozione economica del territorio. Da prendere come esempio!
Chiari e scuri. Contrasti tra luci e ombre, in relazione tra loro come del resto il presente si rapporta al passato e ci lascia a bocca aperta per lo stupore. Il Campo Santo, noto anche come “Camposanto monumentale” o “Camposanto vecchio”, è un cimitero storico monumentale di Pisa, che chiude il lato nord di Piazza dei Miracoli.La dizione Camposanto, ha origine da Campo Santo, nome tradizionale del luogo, sin da quando, secondo la tradizione, l’arcivescovo Ubaldo Lanfranchi, nel XIII secolo, di ritorno dalla Terra Santa ne riempì l’interno con terra portata dal Monte Calvario. E’ da vedere.
Noi pisani quando si può, amiamo andare a fare due passi a Boccadarno, ovvero a Marina di Pisa dove l’Arno si immette nel mare e camminare via via verso il porto. Fino a qualche anno fa quella zona era degradata, con degli edifici fatiscenti e delle fabbriche dismesse che cadevano a pezzi, ora l’area è stata bonificata ed è tutta un’altra cosa.
E’ bello guardare il mare, la costa, i retoni per la pesca e più indietro le Alpi Apuane con le loro cime bianche e affusolate.
[Boccadarno @ Alidada][Marina di Pisa: il porto]
Comunque sia, se si guarda bene questa foto del porto, ci si rende conto che sulla sinistra di chi osserva, il lavoro di rifacimento non è terminato e chissà quando finirà. Ebbene, proprio nell’angolo in alto a sinistra del rettangolo del porto, ci si trova questa villa abbandonata:
[Villa Romboli – Marina di Pisa]
Eppure è a due passi dalla ricchezza, guardate in che stato di degrado si trova questo splendido rudere! Pochi conoscono la sua storia, proverò a raccontarvela un po’ io.
Per i marinesi era “La casa delle rondini” perché così volle chiamarla Eleonora Duse che durante un restauro ordinò di preservare i nidi di rondine che erano sulle travi del tetto. E’ un edificio dei primi anni dell’800, era l’alcova di Gabriele D’annunzio e della sua bella musa ispiratrice.
La storica villa rientra oggi in un progetto di riqualificazione all’interno della lottizzazione del porto dove si prevede la realizzazione di un centro commerciale.
Ecco, questa è la nostra civiltà e nessuno sembra preoccuparsene; è’ un bene storico culturale e stiamo aspettando che un privato possa recuperarla a fini commerciali altrimenti sarà destinato a franare.
Siamo ormai un paese alla deriva, simboli come questa dimora, al di la dell’oceano diventerebbero mete turistiche e di pellegrinaggi, qui aspettiamo che cadano.
Se un giorno passate di là, invece di girarvi dall’altra parte a guardare gli yacht, osservatela bene e immaginatela con i suoi affreschi e le decorazioni, la balconata liberty, consideratela con gli occhi dell’artista che vi ha soggiornato e dell’aria sensuale che si diffondeva al seguito dei due ospiti illustri.
Il 7 luglio del 1899 D’Annunzio scrive ai Fratelli Treves Editori di un progetto poetico lungo e complesso al quale sta lavorando:
«Ho passato questi giorni in una quiete profonda, disteso in una barca al sole. Tu non conosci questi luoghi: sono divini. La foce dell’Arno ha una soavità così pura che non so paragonarle nessuna bocca di donna amata. Avevo bisogno di questo riposo e di questo bagno nel silenzio delle cose naturali. Ora sto molto meglio; […]. Non so se alla Capponcina mi attenda qualche tua lettera. Non so più nulla di nulla. Nessuno sa che io son qui, fortunatamente, ed ho evitato di avere la corrispondenza quotidiana e i giornali. Ho scambiato qualche parola con un marinaio ingenuo, che è la sola persona umana cui io mi sia accostato. – Come si può vivere dunque nelle città immonde – io mi chiedo – e dimenticare queste consolazioni? Credo che finirò eremita, su un promontorio. Penso all’ora in cui dovrò riprendere il treno, con un rammarico indicibile. Vorrei rimanere qui, e cantare. Ho una volontà di cantare così veemente che i versi nascono spontanei dalla mia anima come le schiume delle onde. In questi giorni, in fondo alla mia barca, ho composto alcune Laudi che sembrano veramente figlie delle acque e dei raggi, tutte penetrate di aria e di salsedine. Sento che in un mese o due potrei d’un fiato, comporre tutto il volume. Ma bisognerà purtroppo che mi rimetta alla mola della prosa, e per un’opera che partorirà tante pene! Libertà, libertà, quando mi coronerai per sempre? Le allodole sulle prata di San Rossore cantano ebbre di gioia […]. Bada che per le Laudi voglio un’edizione speciale, e degna della poesia. Verrò io stesso a Milano per curarla. Ho pensato una innovazione graziosa. […] Se tu potessi immaginare le bellezze di questa marina!»
Ebbene sì, questo bel signore ottantenne, pisano che si vede anche a guardarlo, in quattro e quattr’otto ha avuto l’ingegno di mettere in fuga un malavitoso rapinatore che gli era penetrato in casa di soppiatto.
Eccolo lì nella foto che mette energicamente in bella mostra l’arma di difesa: uno spazzolone di quelli che ci si lava il groppone (come si dice qui per indicare la schiena 😀 ). Immagino il malcapitato che si è visto prendere a randellate! Se l’è data subito a gambe, tant’è che si è buttato giù dalla finestra del primo piano .
Dai, convenite con me che è fantastico? Macché armi da fuoco e pugnali.. ci vuole il randello 😀 ..e la salute di chi a ottant’anni ha vissuto una vita a lavorare onestamente nei campi..