Anni fa una mattina arrivai a scuola e trovai in sala insegnanti tutte le colleghe in subbuglio che discutevano tra di loro.
“Ma proprio qui dovevano mandarlo…?” diceva una,
“Sai, siamo la scuola più vicina…” rispondeva l’altra.
“Ma si tratta di un ripetente di quelli che fanno confusione.. lo hanno espulso da quella scuola… e poi è marocchino e non sa l’italiano… ma come si fa… le classi ormai sono già formate, è tardi, è già cominciato il mese di ottobre…” interveniva l’unico professore uomo- in mezzo a tante donne.
“C’è un protocollo d’accoglienza, ci atterremo a quello..la preside provvederà e seguire le regole… peccato però che la preside stamani non ci sia proprio” aggiungeva una terza docente, che poi era la vicepreside.
In quel mentre suonò la campanella che segnava l’inizio della mattinata di lavoro e tutti dovemmo correre in classe a fare lezione.
Io, nella mia prima media, salutai i ragazzi, poi segnai sul registro gli assenti e iniziai a controllare i compiti assegnati per casa. Era passata una ventina di minuti quando sentii bussare alla porta: “Avanti…!” mormorai e a quel punto la porta si aprì ed entrò un bel ragazzone che reggeva davanti a sé una sedia e sorrideva. Dietro di lui la custode restava in silenzio a debita distanza, come chi non sa che pesci prendere. Io lo guardai con un certo stupore e chiesi: ” Tu chi saresti…?” e lui mi rispose: ” Sono Chlìùòàkl Spcm’ahjet (impronunciabile) e sono qui perché nessuno in questa scuola mi vuole, mi prende lei prof?” e mi sorrise come fa un bimbo quando vuole accaparrarsi un regalino dalla sua mamma. Che dovevo fare… avevo già 27 bimbi, ma come si fa a dire di no ad uno che era stato rifiutato da tutti? Beh, pensai tra me e me che il protocollo d’accoglienza della mia scuola in effetti era lasciato un po’ al caso e poi mi decisi, spostai i quaderni posati sul banco accanto ad un alunno e feci posto al nuovo arrivato invitandolo a sedersi.
“Bene…benvenuto, da ora in poi starai con noi!” e gli sorrisi. “Il tuo nome è troppo difficile, come posso chiamarti?” e lui: “Mi chiami Abdu, prof.. Grazie per avermi accolto!” e mi sorrise soddisfatto di essere riuscito nel proprio intento di trovare un posto da qualche parte. Inutile dire che ormai l’alunno in qualche modo era stato inserito in una classe e il problema di cercargli una collocazione nelle classi, per la scuola era risolto e così Abdu rimase con noi per 3 lunghi anni, finché non lasciò le scuole medie… e direi che tutto andò a meraviglia.
Ora quel bimbo è un bel ragazzone che ha più o meno ventidue anni, lavora da un fornaio della zona da un bel po’ di tempo e si guadagna lo stipendio sgobbando tutte le notti fino all’alba. Ha anche una bella fidanzata, una sorella piccolina e un’automobile nuova di zecca. Carica i video su facebook quando torna a casa all’alba e spesso canta canzoni con il sottofondo di quella melodia araba che è tanto dolce.
Oggi Abdu ha messo una delle sue foto su facebook e guardate un po’…


❤ ❤ ❤
Bella, bella storia!
Storia però anche italiana, e qui occorre aggiungere, dove l’organizzazione a monte manca regolarmente, per cui la soluzione è affidata ai singoli, all'”eroe del caso”. Vedi, esempio lampante, la sanità e il Covid.
Mai come di questi tempi m’è venuto di ripetere ciò che disse Bertold Brecht: Fortunato il Paese che non ha bisogno di eroi .
E, ahimè, solo Dio sa se questo non è un Paese di eroi. In ogni campo. 🙂
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è la nostra pecca… il grosso difetto di noi italiani che non riusciamo (e a volte non vogliamo) organizzarci. Ci rimpalliamo i problemi tra le mani e se ne risolviamo qualcuno, poi è come se niente fosse stato fatto e si ricomincia sempre da capo. Siamo buoni a scrivere libri e libri di regole e di leggi, ma poi non si osservano pensando che tanto nessuno controlla. Beh, scusa, mi sono fatta prendere la mano e ho mischiato il discorso scuola con la politica. Comunque sia è pur vero che tante le volte c’è un “eroe” poi se se ne accorgono è finita e ce lo massacrano. Io a scuola avevo classi complicatissime…indovina perché…
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Condivido quanto dici.
“E poi lo massacrano” sì, è così.
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negli ultimi anni, prima della pensione, mi ero fatta “un capannello di frasche” (naturalmente è metaforico, ma nemmeno poi tanto 🙂 ) come fanno i cacciatori per non farsi vedere.. era l’unico modo per sopravvivere. Tutti mi chiedevano sempre qualche piacere e io non sapevo dirgli di no
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Che bello questo post! Sei stata grande!! Bravissima
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grazie Matilde, che bello ricevere questi commenti ❤
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sono Matilde!! un abbraccio!
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pensavo di aver corretto il nome prima che tu lo leggessi 😀 … mi hai battuto nel tempo. A prima vista avevo scambiato il tuo avatar con quello di Paola :-).. perdonami 😦
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Grazie per aver riportato questa storia.
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grazie Enri ❤
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Proprio bello questo pezzo.
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grazie ❤
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Spesso i piccoli gesti che noi riteniamo normali hanno un effetto esplosivi nella vita.
Non sono le regole che disciplinano il nostro vivere ma l’empatia decisionale, ogni gravame può tradursi in una vittoria, basta fare. Tu sei una potenza.
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grazie Paolo.. sai, io ho studiato molto per cercare di capire i ragazzi a scuola, ma la cosa che di certo è vincente è l’empatia…tu lo hai detto
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Hai fatto bene il tuo mestiere! I tuoi colleghi li lascio giudicare da te. Il bambino è stato bravissimo.
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bravissimo è un parolone.. Abdu è stato un alunno da contenere perché troppo esuberante.. quindi un po’ faticoso.. ma v bene così, dai 🙂
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Basta un solo insegnante per salvare in ragazzo 🤩
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grazie 🙂
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tu devi aver fatto qualche miracolo 😉 Sei davvero una persona buona. Un saluto ad Abdu
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guarda Paola, per essere buona ritengo che lo sano davvero e anche troppo. Se rinascerò sarò diversa, molto più risoluta e tosca, te lo garantisco. Comunque sia Abdu te lo saluto appena lo vedrò. Ti ripagherà con uno dei suoi sorrisi spaccacuore 🙂
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le persone come te fanno, per gli altri, molto più di tante regole
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❤
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Aneddoto. Molti anni fa cercavo di capire, per dovere d’ufficio, come una signora avesse vissuto il matrimonio della figlia con un giovane del Marocco. E così, dissi, suo genero è Marocchino…
No, no, rispose la signora, non è “marocchino” (venditore ambulante di cianfrusaglie): è laureato a Casablanca!
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ahahaha… chapeau 😉
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Sono del parere che in giro c’è troppa diffidenza per le persone diverse dalla nostra quotidianità, ti tende sempre a non accettarle e a storcere il muso…
Se tutti inceve riuscissimo a superare questi nostri schemi mentali e accettare il “diverso”, sicuramente questo modo sarebbe un posto migliore, ma aimè non sarà mai così.
Ciao Buona serata ✋😊
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hai ragione, si chiama “integrazione” ed è un grossissimo problema
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❤ ❤ ❤ NON AVEVO DUBBI CHE FOSSI UNA GRANDE proff
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grazie cara, sono felice che condividi il mio pensiero
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Grazie per averlo accolto e ti sarà grato per tutta la vita. Lui ci sarà sempre per te. 😊
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grazie dei tuoi pensieri mia cara Barbara ❤
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L’ha ripubblicato su La solitudine del Prof.
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grazie, sono molto contenta che ti sia piaciuto. Per me è un bel ricordo 🙂 e sono felice di questa tua condivisione
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